Credo in una sola mossa, il procedere interrotto dei propri passi.
Quando non prendo sonno, inciampo. Colto da maldestria, mal destrezza acuta, moltiplico gli ostacoli inevitabili verso i quali i miei sensi e il mio corpo mi spingono.
Non cado, ma ci provo a ripetizione. Lo faccio con una certa dedizione. Arrivo ormai fino all’istante in cui il baricentro si trasferisce lontano da me e mi invita a crollare a terra. Difficile, terribile cadere. Comprendo ora con maggiore cognizione di causa quel dilagare di monumenti ai caduti in ogni piazza nei nostri centri abitati. Tali figure dalle sembianze eroiche hanno compiuto quel passo squilibrato che ancora alle mie capacità non è consentito raggiungere.
Dopo l’inciampare, logica vorrebbe che ci fosse il cadere. Ma in tempi di carestia dell’argomentare rispettoso del rapporto causa effetto, in un momento in cui la ragione ha deciso di andare in vacanza a tempo indeterminato, la mia attitudine è quella dello stare ad un passo dal passo del cadere.
Inciampare. Baluardo principe all'indifferenza, evidente o celata, del passare a lato, dell'evitare lo scontro con passo felpato, del trovare scuse atte a sgusciar via dalla realtà con la quale dovresti sbatter contro.
Forse inconscio precursore della nuova figura disegnata dallo sceneggiatore divino, a metà strada tra l’epico e l’eroico, tra il comico ed il grottesco, quale inciampatore provetto tengo la pianta dei miei piedi tanto bassa da scontrarsi frequentemente con ogni superficie ornata di dossi, o segnata da concavità e convessità anche di minima rilevanza.
Tengo basso il mio profilo ma sempre alte e vigili le mie antenne.
Se il corpo a passeggio si presenta come un organismo sonnacchioso, i miei sensi vivono d’un eterno ribollire.
Se in caso di caduta rischi seriamente di farti male, , inciampare risulta piuttosto un lieto avvertimento,tutt’al più un avviso di tempesta cui si può ancora porre rimedio.
L’inciampo, non più controllabile, s’espande a macchia d’olio, interessa ogni campo d’azione.
Inciampo dunque sul marciapiede, nell’atto di salir le scale, ma anche nella lingua, nelle parole. Inciampo in un malinteso o in un equivoco, in un incidente di percorso, in una giornata sbagliata o in una cattiva amicizia.
Inciampo in sguardi curiosi, indagatori, intenti a trapassare le mie difese, a prendersi gioco della mia stabilità. Ho più problemi a riconquistar l’equilibrio (o controcorrente esulto nell’averlo perso) se inciampo nell’amore. In tal caso le tue linee d’interesse tendono a converger tutte verso un punto vicino o lontano, un punto che ti spingi a chiamar musa e che agisce nei tuoi confronti come una calamita (o una calamità?) sorridente incantevole e misteriosa.
Con viva gioia ed altrui geloso clamore riesco a tratti nel compito supremo, inciampar nella vita, senza premeditazioni, senza precauzioni, senza protezioni di sorta.
Come l’accendersi improvviso d’una luce, come un fulmine che ti colpisce in fronte, questo raro accadimento destabilizza con virulenza, incrinando la certezza del mio passo.
Questa sinistra assenza di destrezza ti fa ridisegnare la traiettoria del tuo essere al mondo. Come un girare pagina mosso dal caos più che dal progressivo dispiegarsi dei numeri, come l’aggiunger in fin di frase un’esclamazione dissonante con la logica del discorso, inciampi nella vita. E cambi.
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