domenica 6 gennaio 2013
RI-SCUOTERE
venerdì 28 settembre 2012
IL SUO POSTO
oltre la passione
riserva mentale
sabato 5 febbraio 2011
La Ri-cognizione del dolore
Non si sta molto comodi nell'esilio forzato della volontà. Si respira appena, si avanza sotto mentite spoglie e, qual pena, fa male il cuore soprattutto. Dormivo in una fossa stanotte, mi rigiravo di continuo per trovare la mia condizione per peristalsi intestinale del masticato e triturato tempo che ci precede. Indigesto oppure ben assimilato. Deglutito a fatica. Singhiozzando o emettendo imprecisate peripezie giugulari.. La mia cognizione. I geniacci e gli angeli si fanno male facilmente. Tra fuochi d'artificio della memoria e un vomitar sospinto e ripetuto delle tossine in esubero, fuggendo il dolo del sentenziare postumo.
Pance torcicollo futuristi scoppi centenarie non paganti che soggiornavano e sogghignavano dormendo su meta-sedia. Articolazioni tormentoni iniziazioni munizioni operazioni padroni coglioni.
Certe visioni scortate da abbagli, scartate come caramelle da lasciar sciogliere a lungo sul palato prima che ti conducano a inediti risvolti, quelli di cui si rivolta dalla tomba del reale.
E come si fa a far finta d'esser sani a oltranza con un (cog)nomen omen di tale portata sulle spalle?
Parolaio parzialmente abile e quanto mai vano, sotto scacco d'una palla al piede che coincide con sé stesso. [come se fosse una cosa semplice vanificarsi ad ogni tentativo, passando da carneficine sentimentali a pantani dell'oggi desaparesido]
Diranno: evadeva dalla libertà su cauzione, pagava di testa propria le intemperanze di questa terra intera. Lo aiutavano in molti ad usar in tal definitiva maniera il proprio capo, lo stuzzicavano, gli spillavano idee dal cervello, lo prosciugavano, gli facevano un lavaggio ogni tanto.
Diranno: pagava con tasca vuota per essere felice. Lo faceva per non consumarsi anch'egli in pellegrinaggio danaroso in tempo di sconti e nel ricambio d'armadio e di stagione e di plotone. Non aveva nemmeno tempo per ricordarsi il proprio nome, ma era quello che voleva. Non finirò mai di rivedermi. Non mi riconoscerò mai. Non riconoscerò mai a me stesso di non esserci stato quando era l'occasione l'ingiusta fonte di piacere.
Ri-cognizione è l'azione effettuata oltre la linea del fronte per acquisire informazioni militari relative al nemico. [Ma qui il fronte è interno e il nemico non di meno]
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Visto l'andazzo, in tempi in cui ancora lo spettro del vate terrorizza i polli, l'approdo di demenza non sarebbe poi male. In questo merdaio in cui ci troviamo per rinsavire non bisogna badare agli indici di gradimento.
Dove ci troviamo dunque se non a mostrare e mostrarci come stimmate ancora le insufficienze di questa condizione, con le nostre povere parole, i nostri minimi occhi con i mezzi e gli intermezzi a nostra disposizione. A nostra deposizione. Deporranno prima o poi loro gli artigli e le armi, ci lasceranno fare nel carnevale del potere la parte del matto o quella del dotto. Dottori ci chiameranno del più abusato corporale nostro condotto. Apriti tu che il cielo non c'è più. L'ebbrezza sarà quella di fare i conti e di lasciarli aperti. Spalancati ad ogni evenienza, poiché resterà indeterminato chi conta e chi è soltanto contato. Più facile prevedere colui che, scontato, contatterà i gendarmi e metterà tutti in allarmi, sull'attenti, cittadini non aprite più i vostri battenti, anzi stringete e digrignate i denti, dimostratevi vincenti, allontanate questi poco dignitosi artistoidi malviventi.
Ed eccoci. Rieccoci. Avvertiti e ricchi d'eco. Sempre e ancora tanto riconoscenti quanto irriconoscibili al variare dei campi di gravitazione, all'infrangersi delle regole dell'attrazione, in comunione alcolica, per quell'attimo di delizia che precede strazi e stragi, strani casi e morti passaggi.
Ognuno ha le sue triste buone o cattive ragioni. Almeno tu nell'universo. Nel mio verso. No, nemmeno tu.
Vedo che ora siete affaticati, così tanto ai deliri impreparati. Così a lungo non riesco a seguirmi neanch'io.
Se il mondo gira perché non dovrebbe cambiare? Torneranno i feroci invalidi dai mari caldi e nell'extrema communio d'una messe mostruosa diranno che questo B noi ce lo meritiamo, come chi per desiderare la merda ha sacrificato la carne e il sangue.
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sabato 1 gennaio 2011
Mind FireWorks
2011: A SAM ODYSSEY
Pirotecnici giochi di fuoco e fiamme
al tempo del passaggio e del trapassamento da un numero di calendario al suo successivo.
Scoppia la testa e lo fa col botto.
Esplode come l'anno che s-viene.
Con i botti d'inizio.
Brindisi mentali per un girotondo di me con me.
Danza stellare per il rituale del cominciamento.
giovedì 23 dicembre 2010
Tutto quello che voglio mi (de)capita
D'un uomo senza anima in cerca di testa, non la sua, poiché di quella deve fare a meno per tagli sostanziali decisi in sede di s-consiglio mentale causa sopraggiunto notevole indebitamento sentimental-esistenziale.
D'un uomo senza testa in cerca di un'anima, non la sua, poiché già persa nei meandri scoscesi perduranti e rovinosi del desiderio irrisolto, ma di quella di chi gli vuole bene e ha promesso di non farne oggetto d'abbandono.
D'una testa senza anima in cerca di un uomo, quel me stesso ferito per insufficienza di prove d'esistenza e di resistenza.
D'un'anima senza testa in cerca di te.
mercoledì 14 luglio 2010
Trova la differenza
martedì 1 settembre 2009
Disperso nell'ambiente
Sam disperde parole nell'ambiente, così lontano ancora da quell'orizzonte equilibrato che corrisponde alla piena ecologia della mente.
Sa dunque di inquinare poiché, nel suo caso e nel suo ruolo, dalla sua postazione in logoro cassonetto – oramai investito del ruolo di re dei rifiut(at)i, trattasi certamente di versi non rinnovabili né riciclabili.
Sam è inquinante. Contamina chi tocca con lo sguardo, chi raggiunge con il cuore. O così pensava potesse essere.
Privo dei giusti accorgimenti, è tuttavia a sua volta ad alto rischio di contagio, riguardo svariate tra le patologie derivanti da sommovimenti cataclismi smottamenti, emotivi e sensitivi, caratteriali e contingenziali.
Sam, usa(to) e getta(to), è disperso, oltre che già da tempo dispersivo ed ora anche prestante claudicante parodia del disperato. Mai gradevole, di certo degradato, non più bio-degradabile.
giovedì 30 luglio 2009
Parentesi
Sam ha capito d'esser stato solo una parentesi.
Di quelle che forse non incidono minimamente sul senso del discorso.
Di quelle ampiamente tralasciabili una volta che diventa necessario lasciar spazio al corpo centrale del testo.
Di quelle che si possono facilmente eliminare, allorquando se ne constata l'eccedenza e la non corrispondenza con tutto il resto.
Sam ha capito d'esser stato una divagazione, di quelle che alleggeriscono per un tempo già stimato limitato le proprie faccende vitali, permettendo d'immettersi in mondi diversi: la favola, il sogno, la vacanza dal pensiero terreno.
Sam ha capito d'esser stato solo una digressione, di quelle che a volte affascinano il lettore - instradandolo verso opportunità altre rispetto a ciò che la narrazione aveva fino ad allora svelato o facendolo affondare fino al più dettagliato anfratto di ciò che si va analizzando – ma che poi finiscono solo per dis-trarre dalla propria progettata via d'uscita dall'instabilità.
Sam ha capito d'esser stato una nota a margine, di quelle che ti segnalano l'esistenza di un'altra vita possibile, di quelle che ti stimolano ad una ricerca più minuziosa degli ingredienti in campo, ma che poi il più delle volte è preferibile ignorare, per non crearsi un ulteriore impaccio sul cammino rapido che porta ad una fine serena del libro o della vita.
sabato 6 giugno 2009
Se fossi un altro, sarei io
Se fossi un altro, sarei io.
Così come sono, non ci sono.
Sam potrebbe essere esploso in volo. Ma tra i passeggeri della sua mente nessuno era tanto importante al punto che qualcuno arrivasse a dichiararne la misteriosa scomparsa, a reclamarne i resti, a volerne continuare a cercare le tracce.
Così pare proprio che Sam non sia più. È passato. Qualora qualcuno si ostinasse ad annunciare d'averlo visto, incontrato, intercettato, è doveroso avvertire che trattasi solo di ingannevoli facsimile messi in giro per rassicurare i pochi intimi ancora interessati al suo destino.
Non è ancora passato, dice qualcuno. Passerà, dice fiducioso qualcun altro. Passerà prima o poi a trovarci? Passerà e non ce ne accorgeremo, o aspetteremo invano e per lunghissimo tempo il suo passaggio?
martedì 26 maggio 2009
Stare in campana
Nel riaffacciarsi al passato e nel affrontar il presente Sam s'accorge d'esser un esperto, seppur maldestro, collaudatore di campane di vetro. Nei suoi trascorsi da ricercatore di luoghi ideali, ne ha provate tante di queste mete mentali nelle quali ha pensato o gli è stato fatto credere si trovasse la salvezza, o quanto meno la serenità.
Allevato nei canonici edificanti ambiti della Chiesa e della famiglia, crescendo è passato dal rettangolo d'un campo da tennis ai labirintici sentieri del bosco aspromontano, dall'ovale della pista d'atletica alla volenterosa diligenza della stanza di studio, dalla scelta interattiva e vacanziera del videogiocare all'immersione nell'immensità dell'acqua salata. Dalla sala buia del cinema alla pagina bianca del quaderno. Dall'idea di cultura a quella di progresso. Dal pensiero di comunità a quello di individualità.
Come volatile che, spinto dal vento della fiducia, incautamente finisce per rinchiudersi in gabbia, Sam è entrato in ognuno di questi contesti con l'ingenua cecità di chi pensa d'essersi accomodato nella più comoda poltrona di cui si potesse attestare l'esistenza.
Eppure, nell'ebbrezza del sentirsi sicuro ed al contempo senza limiti apparenti, nella presunta autosufficienza del dirsi “l'importante è portarsi l'occorrente!”, poco alla volta ci si accorge che lo stare in campana va a cozzare duramente con la possibilità d'un allargamento.
In effetti le pareti non mancano, e, se sono trasparenti, non per questo si presentano meno pericolose. Anzi a tratti si rivelano, se possibile, più ingannevoli. Quando, con la tua fragile impalcatura, vai passeggiando nella più lieta spensieratezza, ecco che allo scontrarsi con una di esse puoi frantumare tutto ciò che ti permetteva di mantenerti in piedi.
Un'incrinatura e poi una frattura, non si può mai restar al sicuro. La vita sa entrare, irresistibile e pericolosa nella sua sorprendente a-sistematicità, anche nell'universo che pare più chiuso ed impenetrabile. Lì dove eri certo di avere tutti i mezzi per sopravvivere nell'autarchia, e dove invece non si ha una ragion di essere se non nel contatto con gli altri.
sabato 16 maggio 2009
Affollamenti
Sam si riempe di eventi che ne affollano sino alla quasi saturazione le capacità di situarsi con una minima certezza in un dato contesto, in una data fase relazionale, con sé stesso, con gli altri, con il mondo.
Sam rimbalza da un'occasione all'altra con disperata volontà di non risparmiarsi, con spirito tragico, lottando contro il tempo, contro la pigrizia, contro l'appiattimento del risolversi ad una sola attività. Fa dell'afferrare il suo gesto privilegiato. Si tratti semplicemente d'un tratto inedito, d'un verso prima ignorato, d'una illuminazione fatta di pochi istanti, d'uno starnuto che spezza gli incantesimi, un silenzio che alza muri, una risposta ad una domanda mai posta, una domanda senza risposta, un altro punto di vista, infine una vista senza più punti.
Sam salta gli steccati e rompe gli schemi. Ma dall'altra parte il rischio corrente è d'imbattersi nel vuoto, la minaccia obbligata è d'accorgersi d'esser stati per troppo tempo sospesi, ad un filo, ad un ritmo, ad una idea, ad una speranza, alla più grande intemperanza.
E così di colpo si cade, poiché al demolire non sempre segue un'azione eguale e contraria. Così s'avverte uno sfiancamento, un continuo vagheggiare il miraggio dell'equilibrio, della giusta distanza, della bilancia mentale, della posologia più corretta, dello sviluppo più sostenibile, della segnaletica metaforizzata ad uso più ampio. Così nell'assottigliarsi delle energie, nell'incapacità di ricapitolare, nell'insostenibilità d'abbracciare il tutto, nella fermezza del non saper scendere a compromessi, Sam s'avvia in terra desolata, dove, abbandonato delle sue sovrastrutture, sarà destinato a lotta alla pari con sé stesso e nessun altro.
Nessun annuncio, nessuna insegna, nessuna consegna. Non più ore da contare, non più scadenze da rispettare, non più coincidenze da afferrare. Sam sceglie il deserto per smarrirsi definitivamente e poi de-costruirsi, ritrovarsi e riconquistarsi.
Attraversato ed interessato da cristologie antiche e moderne, - Pasolini Che Guevara Lennon Jesus was an homeless - comincia il suo percorso nelle dune vuote, senza punti d'informazione, senza esortazioni alla formazione, senza note a piè di pagina, senza vigili né vigilanti. Senza la tentazione di passar ad altro per necessità di non approfondire abbastanza, ma con la pressione di dover riferirsi a sé stesso.
giovedì 26 marzo 2009
Responsi abili
Come società che ci tiene (e di questo ne va della sua sopravvivenza) ai rapporti con gli altri, così Sam agisce a irresponsabilità limitata. Tenendo conto che l'irresponsabile ha sempre qualcosa di urgente da non fare, che lavora per smarcamento, che, colpito da peccato d'ignavia, si defila, tentando di non dar notizia di sé ed uscendo dalla porta laterale, egli non fa come il cosiddetto stronzo, il quale cambia il discorso se non riesce a cambiarne di questo il pericoloso corso.
Tuttavia Sam, senza sfociare nel più cinico “me ne frego”, ha con l'attenzione cauta del responsabile un rapporto ambivalente, fatto di continui litigi con il “si deve” ed il “sarebbe il caso”. Non sa che farsene d'una strategia, poiché sempre in tal caso si tratterebbe di un velato tentativo di prevaricazione o di sopravvivenza in un mondo fatto di nemici più o meno dichiarati.
Sam tenta sempre di sbatter contro il muro del reale vivo nel quale le sue azioni lo fanno imbattere. Attende il responso dell'incontro, non vuole essere abile nel pre-vederlo. Sarà di questo responsabile?
domenica 1 febbraio 2009
Le piccole cose
Sam vorrebbe proporsi come scrutatore, non certo di ulteriori ipocrite schede elettorali, bensì di volti e situazioni, luoghi, soggetti ed oggetti che l'indistinto moltiplicarsi ed il sovraffollato sovrapporsi di stimoli ed informazioni rende ormai difficile scorgere.
Sam vorrebbe partire dalle piccole cose, dall'estinguersi del momento sotto i propri occhi, dalla consapevolezza dell'eccezionalità del quotidiano.
Vorrebbe iniziare dai dettagli, dall'incrociarsi casuale della traiettoria di due corpi, dall'incedere folgorante dei tacchi che ti precedono, dalla posa misteriosa e figlia d'un iconografia alla Modigliani di quella elegante signora in treno.
Vorrebbe partire dalle minacciose urla dei gabbiani che segnalano il cielo nero in via d'Orti d'Alibert, dal disporsi geometrico delle bottiglie vuote sul marciapiedi: una orizzontale, due verticali.
Vorrebbe partire da un abbraccio carico di nuovo ed antico affetto condiviso
lunedì 12 gennaio 2009
Fan di Nessuno
In un tempo in cui il niente accadeva, Nessuno chiamò.
Sam gli rispose con somma disponibilità.
Nessuno lo vide e Sam, pensando d'esser solo, se ne vergognò parzialmente.
Nessuno si accorse del fatto e Sam allora tentò di mascherarsi per celare l'imbarazzo.
Nessuno, tuttavia, lo riconobbe e Sam allora desistette dai suoi ingenui tentativi di fuga, si disse vinto da forze superiori ed al contempo grato per non essere stato abbandonato alla solitudine.
Ben conscio della rarità della sua situazione, Sam da quel momento divenne fan di Nessuno.
A ripensarci oggi, si può credere l'abbia fatto per il suo bene.
L'ha fatto per non arrivare al punto critico in cui, avvicinandosi troppo ai propri modelli, idoli, punti di riferimento ideali, si finisce per smascherarne l'ordinarietà ( o peggior miseria) che si cela sotto la loro magnifica facciata, e, per inevitabile conseguenza, si rischia di franare insieme ad essi verso il macabro baratro figlio di delusione e cocente fraintendimento.
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Sam si è così tanto avvicinato a Nessuno da restare libero di legarsi a chi preferisce, senza consegnarsi ad una pericolosa fedeltà che, immobilizzando ogni slancio, risulterebbe passibile, con il semplice passare del tempo, d'essere tradita e trafitta dal naturale revisionismo cui si va incontro con il presunto crescere, maturare, cambiare del pensiero che vive e muore in testa.
giovedì 8 gennaio 2009
Accesso appena effettuato
Sam ha appena effettuato l'accesso ad un nuovo anno, ma forse non ancora ad una nuova dimensione.
L'ha fatto da una terra immobile ma gioiosa, spontanea ma non ingenua, vinta ma non sfiduciata.
L'ha fatto in casa straniera, mascherando, ma non troppo, il suo moderato imbarazzo da inadatto e irrispettoso ai cerimoniali, sorreggendosi con un buon vino bianco e, in fin di serata, sorseggiando il bicchiere di spumante che il momento esigeva con fare deciso e gesticolare convinto.
L'ha fatto privo del suo vassoio pieno di parole, concludendo così senza sapere bene cosa augurarsi e cosa augurare ai semi-sconosciuti con i quali ha cenato parlato bevuto sorriso.
L'ha fatto alla mezzanotte dichiarata da RaiUno, augurandosi che qualcuno si prenda presto briga di mozzar la testa a Carlo Conti, emblema iper-presenzialista dell'emittente nazionale di edulcorata spazzatura generalista.
L'ha fatto arrischiandosi a veder festeggiamenti di vicini chiassosi e pericolosi, armati di bombe e fucile per sparar al male che l'anno passato ha lasciato.
Ha abbandonato la comitiva per proseguire altrove, inoltrandosi nell'ebbra attesa d' una nuova alba, augurandosi che non si sarebbe trattato ancora d'un altro tramonto camuffato.
martedì 23 dicembre 2008
Fatti diversi
Per una sovversione congenita al grande evento e per una zavattiniana fede nell'eccezionalità d'ogni minimo gesto, Sam continua a sorvegliare vigile su ogni piccola azione che lo interessai e lo attraversi.
Come a frugare tra le varie ed eventuali di una scaletta i cui punti salienti restano sempre materia astratta, si convince che è proprio attraverso la minuzia o il frammento che si riesce a far un passo avanti.
Oggi non è scivolato, diversamente come la sua mente aveva immaginato, in una di quelle foglie ingiallite e copiose che, ammirabili, facevano da tappeto organico in via Zabaglia. Una tra quelle che ornavano il marciapiede bagnato che, tra le mura d'una scuola chiassosa ed un parcometro sempre pronto a mangiar altri denari per mantener alto l'onore comunale, porta verso la Piramide.
Erano le 13 e pochi minuti d'un giorno di metà dicembre quando il fatto non accadde. Sam camminava a ritmo mediamente sostenuto, poggiando i suoi stivali con tacco rumoroso ed insieme i suoi sguardi meticolosi su quella superficie dalle premesse così generosamente viscide ed ostiche che, dei tanti possibili spiragli d'evento cui quella circostanza poteva dar il via, ha nondimeno lasciato filar tutto liscio, senza lo squilibrio o la sbavatura tanto attesa, perpetuando il perenne rincorrersi del niente succedente al niente
mercoledì 17 dicembre 2008
Collocamenti
Sam consulta il suo ufficio di disorientamento preferito, quello che ha sede instabile sopra il suo cuscino ed orario di ricevimento tra il tramonto della ragione ed il risveglio della stessa.
Gli si offrono delle nuove inedite professioni, il cui valore esistenziale non è da tralasciare.
L'impiego di chi lavora come scaricatore di pesi e responsabilità al porto al quale attraccano le sue stesse inquietudini gli pare il più accattivante. I suddetti turbamenti vanno a riempire dei conteiner dalle rigide pareti, fatti trasferire su convogli in cui altri individui si prendono l'onere di farsene custodi ed insieme carcerieri, e poi fatti partire mal celando un gran sospiro di sollievo.
Altro fascino ha chi s'installa nei pressi d'una porta e può far del suo sguardo attento uno strumento produttivo.
Ma chi fanno uscire gli uscieri? In uno slancio volitivo Sam confessa che gli piacerebbe farsi usciere del pensiero, in modo da poter visionare con attenzione tutto ciò che giornalmente fugge via dal suo cervello (e quello che ne prende il posto).
É tale organo come grande albergo, dove c'è chi sosta per lungo tempo, chi è in partenza, chi in arrivo. Chi chiede il permesso e chi invece fa irruzione con la forza. Chi viene pagato e chi invece paga pegno per aver soggiornato in luoghi tanto esclusivi.
Ma a ragion veduta all'ufficio si consiglia a Sam d'aver per committente solo sé stesso. Quando è l'Io a manovrarne le azioni, gli impone quasi di non (r)aggiungere più altro, d'accomodarsi ed accontentarsi d'essere, quietando quel suo voler sommare un altro granello a quelli che presume d'aver già intascato nella controversa storia del genere umano.
"Rimani a guardare, poiché questo basta, poiché è più saggio e sicuro. Che tu sei comodo, sei messo bene, e non hai bisogno d'altro!"
martedì 2 dicembre 2008
Mal fermo
Dall'irrequietezza che si patisce nello star di fronte ad un libro Sam apprende di come lo zapping si sia fatto parte integrante dei meccanismi vitali di chi è nato con un telecomando tra le mani.
Di chi ha incorporato suo malgrado il procedere a salti del consumo sensoriale già post-moderno, ed ora, in tempi di studio, non sa come fare a canalizzare la sua attenzione su una ed una sola fonte.
Il dislocarsi di cui soffre è forse primariamente di carattere mentale, ma non di meno, quel che si nota di primo acchitto, è una traslazione del problema sul piano motorio. Delle diverse posizioni che va esperendo tra le mura di casa, non ce ne è una che non lo faccia sentire come un leone in gabbia nel giorno in cui più gli sarebbe piaciuto correr nei campi e raggiunger la sua preda a grandi balzi.
S'arrovella e tenta di capire più a fondo come lo star seduto sia attitudine assolutamente non consustanziale con il suo equilibrio psico-fisico. Mai domo, neanche nella speranza che la sua ricerca lo possa portare alla situazione ideale, Sam prova a collocare il suo corpo in un gran numero di pose e posture diverse.
Lo si può osservare in piedi con le pagine tra le mani, steso sul letto, prima prono poi supino, di nuovo precariamente sui suoi piedi, a ginocchia piegate con il libro al margine del tavolo, poi ancora, già in parte avvilito dal suo stato, sul pavimento freddo, infine comodamente a testa in giù in attesa che, stando sottosopra, anche la sua irrequietezza possa trasformarsi in stasi imperitura.
Come l'esiliato dalla propria patria, ma senza che di tale luogo egli sappia tracciarne i confini, Sam trasloca insoddisfatto da una stanza all'altra, in cerca della migliore luminosità, del metro quadrato che meno lo faccia distrarre, del muro più bianco possibile, dell'orientamento spaziale più adatto all'apprendimento.
Medita, sedizioso ed interessato, sull'orlo del paradosso, riguardo al suo impegnarsi fallace. Polemizza con la vulgata del fare una cosa alla volta. Sarà che per lui l'impegnarsi in una sola occupazione si traduce con l'essere ammanettato? Sarà che il rimanere nello stesso luogo diventi metafora dello stare recluso nell'identico e nel già visto?
Diagnostica con il sorriso sulle labbra che l'insofferenza allo star fermo ha origini antiche. Scavando a fondo ritrova esempi di scompostezza acuta in tempi d'infanzia. Sarà che da quella fase d'iperattività priva di scopo necessario, tanto vitale fino a trasformarsi nell'oro della nostalgia, non abbia ancora lasciato spazio ai compromessi dell'immobilismo adulto?
Sarà che da quello stadio di formidabile turbolenza nessuno sia riuscito ancora ad allontanarlo?
mercoledì 5 novembre 2008
Massaggi mentali
Sam cerca chi gli possa offrire un massaggio mentale, poiché fa fatica a scandire le parole, ad occupare per esse e per sé stesso il posto giusto nel discorso, poiché trova arduo trovare un soggetto alla frase.
Sam si mette a contare, o meglio ad enumerare, ad affiancare un'ipotesi d'operazione ad un' altra. Ad antologizzare virtualmente, le vie possibili, per estrarne infine l'opzione migliore.
Non ha fatto che dirsi come impiegare quell'incerta giornata che aveva l'aria di non voler iniziare.
Frastornato dal suo troppo chiedere, preferirebbe acquietarsi e non fare troppe storie, mettersi in testa che ad un altro giorno ordinario si può sopravvivere con un certo autocontrollo ed un minimo spirito di sopportazione.
S'avventura in cantilene frutto di quella osservazione delle traiettorie sociali che si può fare restando alla giusta distanza.
Chi vuole può entrare
in contatto
in contrasto
in rotta di collisione
in comunicazione
Chi vuole può entrare
in azione
Potrebbe farlo ma poi non lo fa. Recede dal suo intento. Se ne rammarica a lungo ma preferisce passare oltre per non intaccare lo scivolare piatto della giornata.
Poiché il masochistico nutrirsi di rimpianti sembra che serva a rimpinguare il suo serbatoio di storie e temi, a volte lascia che l'occasione gli passi davanti, la guarda avanzare, ne immagina i contorni, poi l'abbandona al suo percorso sconosciuto verso il quale corre.
Nella grande città manca un posto, o meglio manca un tempo. Manca l'aria d'una nostalgia che è di leggerezza, non di giovinezza.
lunedì 3 novembre 2008
Dire la tua, dare la tua
Sam si confronta con l'imbarazzo di far propria la facoltà di giudizio. Preferisce starne a distanza, in tempi come questi in cui la si considera a ragione contaminata dal virus della facile opinione ed in più corrotta da un subdolo abbellimento che lo spirito del tempo impone al suo carattere altrimenti feroce.
Il giudizio così costruito s'espande tra gli accreditati alle visioni che affollano il bus del rientro da un luogo di festival in cui si concentrano con maggiore evidenza le ipocrisie in giacca e cravatta.
Ci si accredita ma ci si dimentica delle credenziali da portare con sé al momento richiesto.
Ed allora si cerca una situazione e se ne parla. All'occasione se ne può far qualcosa. Sempre comunque una parziale ri-costruzione. Si racconta una storia, la Storia, la trama, il plot, il succedersi degli eventi, l'inizio, la fine. I punti forti e quelli deboli. Quelli mancanti. I volti recintanti, la prossimità o meno alla vita reale. Si seleziona dal catalogo in dotazione il metodo d'analisi più adatto all'oggetto in questione. Ci si dota di categorie estetiche pericolosamente traballanti.
Ci si dimentica d'ammutolirsi.
Poiché se fosse sopravvissuto ancora un certo bipolarismo, una certa rivalità tra attivismo e passività, ci si sarebbe accorti che l'opera era là, si era fatta vedere, e noi forse non avevamo fatto altro che averla vista.