martedì 31 marzo 2009

Una coppia ed il cassonetto

Una coppia.

Auto di lusso ed abiti eleganti.

Smaccatamente solare, luminoso, il loro portamento.

Di ritorno da una notte di festa lui accompagna lei verso casa. Si dicono parole dolci, poi si baciano appassionatamente. Siamo davanti casa di lei. Si salutano, lei scende. Cerca le chiavi d'ingresso dalla sua borsetta, le trova, si ricompone, è pronta a rincasare.

Accanto all'automobile in sosta c'è un cassonetto dei rifiuti.

Inaspettatamente ma con vera nonchalance la donna è lì che si dirige. Ci si tuffa dentro, poi richiude il coperchio.


È finalmente a casa.

sabato 28 marzo 2009

Partecipante

giovedì 26 marzo 2009

Typing randomly

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Responsi abili

Come società che ci tiene (e di questo ne va della sua sopravvivenza) ai rapporti con gli altri, così Sam agisce a irresponsabilità limitata. Tenendo conto che l'irresponsabile ha sempre qualcosa di urgente da non fare, che lavora per smarcamento, che, colpito da peccato d'ignavia, si defila, tentando di non dar notizia di sé ed uscendo dalla porta laterale, egli non fa come il cosiddetto stronzo, il quale cambia il discorso se non riesce a cambiarne di questo il pericoloso corso.

Tuttavia Sam, senza sfociare nel più cinico “me ne frego”, ha con l'attenzione cauta del responsabile un rapporto ambivalente, fatto di continui litigi con il “si deve” ed il “sarebbe il caso”. Non sa che farsene d'una strategia, poiché sempre in tal caso si tratterebbe di un velato tentativo di prevaricazione o di sopravvivenza in un mondo fatto di nemici più o meno dichiarati.

Sam tenta sempre di sbatter contro il muro del reale vivo nel quale le sue azioni lo fanno imbattere. Attende il responso dell'incontro, non vuole essere abile nel pre-vederlo. Sarà di questo responsabile?

venerdì 20 marzo 2009

Di chiara azione in-utile

Dichiarazione d'intenti mal intenzionati, di chiara matrice sovversiva, ad uso di volenterosi animi agitati.


Essere o predicare l'inutile diventa un metodo di ricerca, una presa di posizione, un non quietarsi su un punto di vista/ di riferimento stabile.


Non pacificato né riconciliato con i tendenziosi strumenti critico-interpretativi offerti/imposti dal mercato mediologico.


Occuparsi dell'inutile per risvegliar la coscienza, s-legarla da categorie monumentali.


Ed allora ecco il paradosso del comprendere, che diventa sempre l'aderire a ciò che sta dentro il proprio quadro/cornice di valori e riferimenti pre-acquisiti.


Continuo, anche se questo discorso non mi porta forse da nessuna parte.


Forse lo faccio proprio per questo.


martedì 17 marzo 2009

Frammenti nudi, parole spoglie

I



Una signora grassa con carrello della spesa salì, borbottò rimproveri all'autista, cercò un posto ibero, si sedette dove mia mamma aveva lasciato spazio, sorride della gentilezza elargitele e poi, accomodatasi con sollievo, alzò con accuratezza la natica sinistra e produsse con nonchalance due rumorosi peti.



II



Il tempo stava per scadere, l'annuncio giunse e chiesi che le palle fossero raccolte da terra. La piccola Anastasia mi guardò stupita, mi disse che solo tre minuti per lei erano ancora passati. Le risposi che molti altri minuti si erano esauriti senza che lei se ne accorgesse. Al che, lei, prematuramente conscia di come vadano le cose, mi disse con serietà: Sai come si chiama questo tempo di cui tu parli? É il tempo soggettivo....



III



Ed ecco che m'apparve decontestualizzato e diverso il sommo professore De Vincenti. Smarrito sul marciapiede di Via Ostiense, quasi fosse fuori dal suo habitat (dal suo invisibile piedistallo), a testa bassa ed incespicante sui suoi stessi passi lenti, altrove con lo sguardo di chi non s'è stancato ancora di cercare, di stupirsi del farlo, del poterlo fare ancora. In un inedito atteggiarsi con sigaro in bocca, leggero seppur rotondo, interruppe il suo stato di sospensione e venne verso me.

Uscivo dalle pareti di carta stampata d'una edicola stracolma.

Cercava qualcosa, forse niente di preciso, mentre aspettava che nell'andare a caso gli venisse in mente l'idea giusta.

Non s'accorse di me, non ricordò d'aver fatto la mia conoscenza.



IV



Avendo dimenticato un “esageratamente” il mio discorso faceva acqua da tutte le parti. Per farmelo notare, per accentuare la banalità di quello che non mi accorgevo essere ovvio, Federico si allungò verso il lavabo, strinse la manopola del rubinetto e sentenziò, mentre l'acqua iniziava a scorrere: Guarda, questa è l'acqua calda!



V



Percorrevo l'ampio marciapiede del Lungotevere Testaccio quando uno spoglio rametto di platano s'incastrò tra i lacci della mia scarpa sinistra. Me ne accorsi. Lo raccolsi tra il divertito e lo stupito. Lo strinsi in mano, perfetta compagnia all'ansia del restar a mani vuote. Proseguii fino a raggiunger la banchina d'attesa del 170. Un cane di media taglia stava giungendo nella mia direzione. Prese di mira il bastoncino che ancora tenevo con me, lo afferrò tra i denti e continuò scodinzolante il suo vagare. Tutto successe per caso.



VI


Le mani andavano gelandosi. Le palline giacevano ancora a terra. Marco giocherellava e non ci teneva riprender l'allenamento. <Secondo te nevica?> - gli chiesi - . <E che ne so, mica studio mitologia!> - rispose - folgorandomi con un'impossibile mistura di gioco linguistico e geniale intuizione. Che siano ancora gli dei a decider come vada il tempo!?

martedì 10 marzo 2009

Introduzione ad un discorso inutile

D'inutilità ogni pensiero giudicante si riempe facilmente la bocca.

Una volta tracciato il proprio percorso di senso (...il progetto, l'obiettivo, il fine o la fine), quel che de-borda, fuori-esce, non rispecchia le aspettative, non segue la tabella di marcia o per-segue il pre-stabilito, viene tacciato d'esser superfluo, vano, vacuo, sovrabbondante, inadatto, non pertinente, senza senso, inutile.

Scorrendo la gran quantità di accezioni del termine che il dizionario DeMauro-Paravia presenta, l'inutile non trova definizione se non in negativo: è qualcosa che non offre alcun vantaggio, di nessuna utilità; qualcosa che non serve ad un determinato uso e dunque inservibile; è inutile, con una certa presunta ovvietà, ciò che non è di qualche utilità, che non ottiene alcun risultato, che non è d'aiuto agli altri.

Interrogarsi sulla natura di tutte le designazioni sopra elencate è scoprire, così come l'utile richiede un'appartenenza, un'aderenza (ad un fine, ad un progetto, a qualcuno), l'inutile potrebbe riscattarsi dalla sua negatività percepita ponendosi come orizzonte d'un altra via possibile, quella che fa capo alla libertà dell'azione gratuita e scissa da una diretta funzionalità.

S-legandosi da un fine, l'arte, scriveva Kant nella sua Critica della facoltà di giudizio, diventa bella. (...)

Ed orientando il discorso in tali termini è evidente come un numero non indifferente di menti creative abbia scelto di porsi proprio sul versante della supposta inutilità, inevitabilmente di fronte (contro?) il Potere in tutte le sue forme.

E di come tenti ancora di farlo carving out a place in the larger culture where abnormality can be sustained, where imagining the unknowable – impossible to buy or sell – is the primary enterprise. Crazy! Says anyone with an ounce of business sense. Right. Exactly. Crazy1.

Quel che vorrei mandare avanti (proporre) è un'argomentazione che confuti la pretesa capacità discriminatoria, gerarchica, selettiva, che cade dall'alto d'un detentore di verità assoluta, mettendo in risalto come, soprattutto in campo artistico, le pretese teleologiche vadano ormai accantonate in favore d'una ricerca che miri a non discostarsi dalla constatazione d'una entropia del senso cui un attento confronto con la vita quotidiana (reale?) ci obbliga, costantemente ed inesorabilmente.

L'opera d'arte non è più una struttura chiusa ed un veicolo attraverso il quale imporre un ordine al mondo, ma diventa parte d'un processo attraverso il quale il mondo ha la possibilità di emergere per quello che è, penetrando, in quanto tale, nella nostra coscienza.2

La possibilità d'una via alternativa, d'una pratica non conforme al pensiero utilitarista e produttivista (...) ha interessato generazioni di pensatori ed artisti, di menti inadatte a sopportare l'imposizione di caratteri tassativi, normativi, regolativi, passibili di ridurre (restringere, cingere, costringere) il proprio campo d'azione all'esecuzione d'un compito già scritto.

domenica 8 marzo 2009

La decisione


Il momento in cui presi la decisione non mi fu ben chiaro.
Ci girai intorno per un po', poi mi risolsi d'afferrarla, ma lo feci con titubanza e senza fermezza.
Non avevo le forze giuste per costringerla sotto la giurisdizione della mia volontà.
Non ero neanche certo si trattasse della scelta della specie giusta.
Perciò, superato l'attimo cruciale, allentai la morsa e la decisione stessa mi sfuggì prima che mi fosse riuscito di catturarla definitivamente.
Sgusciò via rapidamente e per il sollievo di tutti si allontanò ed infine scomparve dal recinto delle nostre responsabilità.
Se ora la si volesse cercare nell'acquario a cielo aperto delle nostre menti, si farebbe fatica a non vederla ansiosamente in fuga da qualcun altro che, ancora una volta, vorrebbe catturarla in modo affrettato.