Dall'irrequietezza che si patisce nello star di fronte ad un libro Sam apprende di come lo zapping si sia fatto parte integrante dei meccanismi vitali di chi è nato con un telecomando tra le mani.
Di chi ha incorporato suo malgrado il procedere a salti del consumo sensoriale già post-moderno, ed ora, in tempi di studio, non sa come fare a canalizzare la sua attenzione su una ed una sola fonte.
Il dislocarsi di cui soffre è forse primariamente di carattere mentale, ma non di meno, quel che si nota di primo acchitto, è una traslazione del problema sul piano motorio. Delle diverse posizioni che va esperendo tra le mura di casa, non ce ne è una che non lo faccia sentire come un leone in gabbia nel giorno in cui più gli sarebbe piaciuto correr nei campi e raggiunger la sua preda a grandi balzi.
S'arrovella e tenta di capire più a fondo come lo star seduto sia attitudine assolutamente non consustanziale con il suo equilibrio psico-fisico. Mai domo, neanche nella speranza che la sua ricerca lo possa portare alla situazione ideale, Sam prova a collocare il suo corpo in un gran numero di pose e posture diverse.
Lo si può osservare in piedi con le pagine tra le mani, steso sul letto, prima prono poi supino, di nuovo precariamente sui suoi piedi, a ginocchia piegate con il libro al margine del tavolo, poi ancora, già in parte avvilito dal suo stato, sul pavimento freddo, infine comodamente a testa in giù in attesa che, stando sottosopra, anche la sua irrequietezza possa trasformarsi in stasi imperitura.
Come l'esiliato dalla propria patria, ma senza che di tale luogo egli sappia tracciarne i confini, Sam trasloca insoddisfatto da una stanza all'altra, in cerca della migliore luminosità, del metro quadrato che meno lo faccia distrarre, del muro più bianco possibile, dell'orientamento spaziale più adatto all'apprendimento.
Medita, sedizioso ed interessato, sull'orlo del paradosso, riguardo al suo impegnarsi fallace. Polemizza con la vulgata del fare una cosa alla volta. Sarà che per lui l'impegnarsi in una sola occupazione si traduce con l'essere ammanettato? Sarà che il rimanere nello stesso luogo diventi metafora dello stare recluso nell'identico e nel già visto?
Diagnostica con il sorriso sulle labbra che l'insofferenza allo star fermo ha origini antiche. Scavando a fondo ritrova esempi di scompostezza acuta in tempi d'infanzia. Sarà che da quella fase d'iperattività priva di scopo necessario, tanto vitale fino a trasformarsi nell'oro della nostalgia, non abbia ancora lasciato spazio ai compromessi dell'immobilismo adulto?
Sarà che da quello stadio di formidabile turbolenza nessuno sia riuscito ancora ad allontanarlo?
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