Memorie
di una testa ghiacciata, tra un sindaco da spalare e un'esondazione
linguistica da fronteggiare: l'emergenza è il venire a galla, in
superficie, del sommerso, l'emersione brusca dallo stato di
normalità, vera calamità naturale dei nostri animi. Portare le
catene a bordo, non permetterci più di sentirci liberi e svincolati.
Indossarle queste precauzioni. D'ora in poi anche in caso di sole, di
vento, di cielo stellato. Campi bianchi, conti in rosso. Auto blu.
Neve nera.
Memorie
riaffiorate rimescolate dopo un lungo disgelo, fuori stagione,
felicemente fuori tempo massimo, ora che l'agenda setting
dell'infotainment ha già virato altrove. Calamità invernale, gelo
del pensiero, pattinaggio su marciapiedi, suore in allarme, sono le
tonache che rischiano di cambiar colore. Spalare, grattare, ripulire.
Potare i rami spezzatisi. Tranciarne il corso. I più
deboli hanno ceduto al peso delle pesanti precipitazione.
Gli
impianti di risalita da un immaginario apocalittico sono al momento
inagibili. Ruspe e rimozioni forzate degli impegni, degli eventi,
degli appuntamenti. Non sentire più l'estremità di mani e
piedi. Pericoli anche a quote basse. Scivolare sui propri passi.
Rallentare. Le bufere, si sa, si abbattono principalmente sugli
abbattuti, e qui non è a grandi alberi che ci si riferisce. La
protezione dal civile ci farà riconciliare con la violenza della
natura.
Nessun commento:
Posta un commento