lunedì 19 marzo 2012

DE-CELEBRARE/DE-CEREBRARE



E così, di celebrazione in decebrazione, di organismo in cui il cervello sia funzionalmente inattivo, come se fosse stato asportato, perché gravemente leso da processi patologici, o per interruzione delle vie efferenti.

Ripassarmi (addosso). Lasciar passare il presente, conservare il passato. Quale che esso (non) possa essere al momento mai possibile del ricordarsene.

L'unico affronto (im)possibile, la sola fonte di differenza per saltare lo steccato delle leggi del mercato e dell'utile è ancora il Non servire. Il rendersi (senza arrendersi perciò) risolutamente in-civile. Trovando parentele non molto ancora esplorate tra chi di anni passati dalla morte si supponga ne abbia cumulati 20 e chi ancora seguendo la ripartizione temporale da noi in voga esattamente la metà. Tra Cage e Bene c'è - si diceva or ora – un contiguo non andare da nessuna parte, entrambi avvolti nel gioco impossibile della Noluntas. Mai servi d'una struttura d'un copione d'un padrone, d'uno di quei fini che oggi vanno per la maggiore.

Tutto il resto è il patto scellerato del pareggio di bilancio, del sacrificio estremo in cieca vista della conservazione in stato prolungato di schiavitù,  dell'azzeccato recente macciocapatondiano superamento della morte per merito dell'erario. Versare i contributi anche dall'aldilà. (contribuire, senza che venga chiesto il permesso – non si tratta qui di non volerlo - al business commemoratorio).

Nel campo (di concentramento) dell'arte più che altrove, qui dove si è pieni di giudici, carichi di progetti ai quali render conto, spettatori con i quali patteggiare la pena di salire sul palco, giustificare le spese, pretendere che vengano perché non sanno quel che fanno.

Il pareggio del dare e ricevere, del trovare un senso (di marcio), del rendersi utile al pro-regresso di questa ammalata società.

Non accettare ancora queste pretese del degenere che segue: Io son qui seduto e devo quanto meno divertirmi o almeno sentirmi cittadino nel pieno del mio ruminare confuso un'appartenenza civile. Tornare a cercare d'essere uomini piuttosto, aldilà della sostenibilità o non sostenibilità delle risorse ancora sfruttabili.

Poi se m'incanto più nell'osservare il neon verde dell'uscita di sicurezza piuttosto che il centro prospettico dell'evento vuol dire che la magia si è persa con la sparizione del buio.

Ora tutti sappiamo quando dura, da dove si entra, da dove si esce. Ed evidentemente sappiamo quanto costa (esserci) dove ci spingono ad andare.

Quegli attori di Rebibbia son bravi, sì. Ma loro hanno davvero forse tutto il tempo che ci vuole. Non devono pagar l'affitto, non devono pagar le tasse, non devono far la spesa né cucinare. Non possono scopare. È in gabbia allora forse la condizione ideale del teatrante? Ben concentrati, senza campo ma con tutta la profondità possibile.

Prendere in appalto un'idea, farsela propria fino a conclusione lavori, alla fine della notte. Poi cercare di peggio.


(R)ingraziamenti ai defunti per esserci stati (mai abbastanza) al gioco del mondo. Risarcimenti deteriori alla faccia di qualunque rispetto del loro spirito sovversivo.

Vivisezionatevi l'anima se ci riuscite, e non fatelo per trovar quel che vi manca. 

1 commento:

Additive ha detto...

Non so dei vostri buoni propositi perchè non mi riguardano esiste una sconfitta pari al venire corroso che non ho scelto io ma è dell'epoca in cui vivo la morte è insopportabile per chi non riesce a vivere la morte è insopportabile per chi non deve vivere lode a Mishima e a Majakovskij tu devi scomparire anche se non ne hai voglia e puoi contare solo su di te PRODUCI CONSUMA CREPA SBATTITI FATTI CREPA PRODUCI CONSUMA CREPA CREPA RIEMPITI DI BORCHIE SBATTITI FATTI CREPA ROMPITI LE PALLE COTONATI I CAPELLI RASATI I CAPELLI CREPA CREPA CREPA CREPA

"Cccp - Morire"