Bergonzoni, parolaio divagattore. Un
omaggio a chi mi ha preceduto. E non ha ancora ceduto. Una revisione,
un riascolto interiore a caldo. Una pioggia di lemmi.
Trascrizione mentale con
revisione autoriale o viceversa. Senza requie. Un canale aperto con
le proprie paure. Andando di getto in rigetto. Gettandomi nella
mischia. Infilandomi e poi mischiandomi agli ap-plaudenti. Differenze
e similitudini tra un applauso funerario e questo che si ripete qui
ad ogni coincidenza tra quel che sul palco si dice e quel che noi
vorremmo fosse detto. Trovare dunque altri modi di scuotere uno
sull'altro quei nostri arti superiori. Mancarne il clap. Stritolare
la leggerezza dello spettacolo. E anche la presunta leggiadrezza di
chi ha il passo degli elefanti. Divergere. Allungarsi. Slogarsi se
possibile. Azionare senza remore il detonatore interiore. Partire da
dentro. Patire quei congegni macchinici che fanno di te un corpo
funzionante. Esplodere il prima (im)possibile. Non ridurci più sotto
para-statale dettatura. Non indurci più in mancate tentazioni.
Tentacolari nella nostra sete, non accorciamo la via cercando
scorciatoie. Non riduciamoci deteriormente al già crocifisso
rappresentare. Non abbreviamoci al divertire. Andare dove non ci
vogliono. Di qui passa il Rezza del più il contenitore è sbagliato
più è giusto esserci. Evadere dalle strettoie del linguaggio.
Dimenticare il non posso. Sregolare le misure. Rendersi irregolari.
Non pretendere. Piuttosto tendere. Ed esigere d'andar un po' più in
su o in giù del/dal palco. Anche grazie ad esso. Scaliamo vette
mentali. Non scaldiamo le poltrone. Non scadiamo nel repertorio.
Cadiamo meglio ai nostri piedi. Sveniamoci incontro. Sorprendiamo noi
stessi a parlare d'altro. Scoperchiamo i serbatoi energetici che
covano in potenza al germinare di certe azioni
simboliche/dimostrative. Occupiamo i posti occupati. Disoccupiamoci
dei nostri bisogni. Oltre le cose che ci ri-guardano, riscoprire e
non ricoprire la parola delle sozzure e delle sovrastrutture.
Ritornare dove non si è mai stati: all'etimologia del nostro
sproloquiare. Una violenza bella e buona. Una violenza bella è
buona.
Non cercare parole chiave
ma sfondare porte. Prendersi alla lettera. Prendere alla lettera
tutto quello che può darti. Per farla finita con le frasi compiute:
le capisco troppo bene e non mi basta. Accogliere la potenza lirica,
liberare i versi segregati dai/nei loro incunaboli. La sua
infinitamente potenziale drammaturgia espansa. Sfoderare le armi le
più contundenti. Armarsi fino ai denti. Armare il nostro intelletto
una buona volta. Amarlo più della carne. Così da volteggiare sopra
le teste degli incravattati e delle imbellettate. Ricordarsi di
Artaud, di Cocteau, Rimbaud, Totò. Farli patire dal ridere. La
crudeltà della morte a lavoro del contrabbandiere in fuga dalla
fame. Per farla finita con la parodia ammiccante. Con l'altra faccia
della stessa medaglia. Ritrovare energia dilagando. Andando oltre il
seminato. Risolutamente, non essere utili. Ancora una volta, e
sarebbe una svolta, non servire. Non fare teatro con il teatro.
Deragliare. Ammaccarsi di vita non prevista. Andare dove non ci
cercano. Inaccettabili perché non accomodabili. Non accettare più
gli speciali televisivi su quello che dovrebbe/potrebbe essere
l'ordinario. Non lasciar più correre. Essere intransigenti.
Ritornare sui propri passi mancati. Di cosa ti occupi (oltre che
dell'anima, dello spirito, dell'immateriale)? Di cosa ti preoccupi
(oltre che delle tasche, dello stomaco, della casa)? Sei troppo
vicino alla cassa, da morto, di spesa o d'amplificazione? Sei troppo
vicino al presente. Espatriare dal campo semantico. Senza un capo che
ti orienti. Fedine penali e cartelle cliniche: la di-gestione del
potere è un problema de-generazionale. Non insegnate ai bambini o
forse ripartiamo tutti dagli asili. E, quanto a noi, non sostiamo
ancora in sala d'aspetto. Non riduciamoci ad essere umani. Dai
comandamenti passiamo ai domandamenti, distacchiamoci fino ai
demandamenti. Cerchiamo investimenti che abbiamo per base degli
spostamenti. Esortazioni retoriche missive incendiarie. Non tornare
come prima. Urge un tentativo delirante, praticato rimescolando le
traiettorie, aggiungendo spiragli. Le storie esemplari finiscono
male. E non sono vere.
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