La macchina da presa non è una certezza, è un dubbio. O così era almeno prima di cadere nel totalitarismo dell'idea e della gabbia narrativa.
Un'epopea equivoca e contraffatta. quella del cinema, che da quel groviglio di scienza e di visionarietà dal quale era nato - ricerca sulle immagini in movimento - è finito per farsi servo della necessità d'esser stupiti (e di conseguenza instupiditi) ad ogni costo, sprofondati in quella dimensione cullante di meraviglia, lontani da terrene pre-occupazioni.
Citando Jean Luc Godard, qui ri-preso in omaggio al suo spirito: Non c'è più formato, c'è qualcos'altro. Si parla di alta definizione come se dire Definizione non fosse sufficiente (siamo dalle parti dei paradossi linguistici del genere: severamente vietato - come se dire: è vietato non fosse abbastanza)...Si può per caso parlare di un quadro di Ingres come d'alta definizione e di un quadro di Van Gogh come d'un'opera a bassa risoluzione?!
Per quel che concerne il cinema si è ormai nell'atletismo dell'alta definizione, nel culto della performance. Ancora una volta, ribadendo per rompere le scatole: il senso non emerge vedendo (sentendo) meglio le cose.
La qualità non coincide con la definizione.
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