Una dopo l'altra mille parole, di qua e poi di là, un alter ego dopo l'altro, coprendo distanze che da spaziali si fanno mentali e viceversa.
Ti svegli prima di quanto credessi e già i piani sono cambiati.
Ma poi col passare delle ore attraversi lo stadio del consigliere di buoni colpi tennistici, quello dello scrittore alle prese con tema su committenza (la famiglia!), quello dell'attento confidente di sciagurate vicende amorose d'amico in breve sosta romana, quello di fratello alle prese con una doverosa pulizia della casa, quello di apprendista fotografo di momenti meno che vuoti, quello di flaneur fuori tempo – ho visto Umberto D dipinto sul legno di una vecchia porta, a metà della scalinata di via de' Ciancaleoni - , quello di spettatore attento e sbalordito di come un film possa giocare con estrema sottigliezza sulla soglia vero/falso, quello di bevitore notturno in pub irlandese con violinista celtico, nuovi compagni e lingue straniere, quello di pedone affaticato alle prese con latitanti linee notturne, quello infine e soprattutto di virtuale dialogante con anima scoperta come affine e vicina...
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