Dare la precedenza.
A chi? A che cosa? A te stesso o al mondo che ti circonda? A chi ti consiglia o a chi ti scompiglia?
Da quale lato voltarti prima di iniziare?
A chi tocca adesso?
L'intramontabile ed aggrovigliato dibattito su quali possano essere le gerarchie e le priorità guida la sclerotizzata meccanica dei nostri passi e delle nostre scelte.
Il rischio dell'assolutismo ed il gelo del misurato relativismo.
Dal “È tanto importante che mi son dimenticato di farlo fino al “Non me ne sono mai accorto” il passo è breve e la punizione implacabile.
Vince l'utile, vince il soldo, vince il sentimento, vince il più alto gradimento?
Tra legami e rinunce tu ti fissi un traguardo e tiri dritto. Oppure saltelli da un punto all'altro e giochi con l'ascensore dell'intensità.
Facile e diabolico il gioco dell'insoddisfatto e patologico penitente, colui che fa della certezza d'essere sempre lontano da quel che davvero conta il suo constatare quotidiano.
Sorridente chi invece non pensa all'orizzonte e si ferma ad osservare non molto oltre la sua fronte.
Ma attenzione, a farsi sempre precedere si finisce col recedere.
Accovacciandosi nella più confortante delle file si abbandona il senso dell'orientamento, ci si lascia definitivamente a testa bassa e ci mette in processione...
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