venerdì 12 settembre 2008

Stendersi


Si stendono i progetti sul tavolo del futuro, li si appende al palo del dubbio, li si proclama in silenzio, li si impicca al cappio della pigrizia, li si interroga al banco della paura, li si disegna li si cancella.

Li si confronta con i loro omologhi passati, con i finanziamenti concreti e spirituali di cui potrebbero giovarsi, li si nutre di nuovi numi tutelari, di nuovi modelli, di inediti percorsi, di forze fresche e risentimenti antichi.

Si stendono i progetti come fossero panni. Li si lascia all'aria affinché respirino, si facciano vedere, si riscaldino al contatto con gli occhi altrui, s'asciughino da tutte le impurità che il lasciarli per troppo tempo nell'umido limbo cerebrale avrà certamente provocato.

Si stendono tuttavia anche poiché oramai espressi, non più semplice nube potenziale che vaga nell'universo personale. Li si fa emergere e già non sono più loro. Sono il proponimento estemporaneo o meditato che quel momento suggerisce. Sono stesi e dunque forse non più capaci d'esprimersi, di produrre energie, di farsi, di completarsi.

Ci si stende a terra pensando a quel che sarà, ma una volta stesi i progetti potrebbero essere non meno che morti.

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