giovedì 4 settembre 2008

Isole


Autarchici intenti isolani. Autentici proclami da permanent vacation. Risoluta e decisa volontà d'autosufficienza. Isolarsi. Farsi isola. Finirla con i contatti, i link, le news. tuffarsi.
Poi far riemerger il busto e a palpebre serrate sentire i propri fianchi carezzati dall'acqua così come lo sono giornalmente, eternamente, le spiagge e le rocce sulle quali passo ora la fine d'una stagione.
Qualche imbarcazione attracca ad intervalli irregolari ai miei porti. Mi perlustra, mi indaga. Cerca di scoprirmi. Se ne va in silenzio o persiste. Quali tesori o quali asperità presentino i miei confini cutanei sono solo tali esploratori (esploratrici?) a saperlo. Ad un’isola non è dato di conoscere con esattezza i propri confini, i propri limiti, le proprie capacità. Un’isola sa solo che intorno a se stessa c’è qualcosa che ne circoscrive e condiziona l’agire, o che piuttosto preserva un alto grado di libertà alle azioni svuotate della paura del nemico “altro”.
Essere isola per girare intorno a me stesso. Nutrirmi dei frutti che l'Io propone. Eleggermi sovrano e sacerdote del tempio inedito o forse già mille volte crollato dell'ego ( -centr-) ismo. Mettermi al riparo. Non farmi cercare piuttosto che non farmi trovare.

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