sabato 17 gennaio 2009

Sogni in piazza


Stringeva forte le mani intorno alle tasche dei jeans, poggiava con celata violenza il piede sul marmo, resisteva a fatica alla tentazione d'avvicinarsi alle due giovani sedute a pochi passi, colloquianti su come andasse cambiando, con il maturare degli anni, il loro approccio nei confronti degli uomini, incuranti di come andasse finendo, a forza di leccate automatiche ed appassionate, il loro gelato invernale, incoscienti del fatto di star facendo sognar e soffrire ad occhi aperti un piccolo pakistano con capello e sudore sulla fronte, emerso silenziosamente dalla frotta di amici conterranei, volenteroso d'andar oltre il suo misero offrir rose alle coppie felici, in cambio d'una moneta che valga da cibo per sopravvivere dignitosamente ancora un giorno all'inferno.

Passano sempre da qui, proprio da qui, i suoi sogni. E lui non può afferrarli. Son vicini eppure lontanissimi, visibili eppure intangibili, protetti da una barriera invisibile cui ancora è difficile dare un nome.

Ho intercettato il fremere ed il brillare infelice dei suoi occhi, mentre volgeva lo sguardo verso il vuoto, mentre, dando le spalle a chi gli aveva appena fatto accendere l'animo, sospirava sconfitto, mentre desisteva prudente dalla sua ansia d'approcciarsi alle fanciulle da sogno, mentre lasciava che scorressero quei pochi istanti che mancavano ancora prima che del suo voluttuoso e limpido pensiero si fossero dimenticati ed infine sbarazzati anche i suoi sensi, ormai anestetizzati ed addomesticati ad agir con simile meditata passività ad ogni esperienza di tali perfide e crude quotidiane fattezze.




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