lunedì 10 gennaio 2011

A pezzi (sempre più numerosi)


A pezzi perché non proprio in forma. Non rientrante in nessuna forma precisa. Piuttosto deforme (come sformare il corpo umano se non facendolo sfiancare?)

A pezzi perché esausti, esauriti, in crisi cronica, caos e agonia del non farcela più, crollati sotto il peso della città, del mondo, degli anni, del nostro universo interiore e interpersonale.

A pezzi perché frammentati, a compartimenti stagni in ognuno dei quali ristagna nostalgica e affannata la nostalgia di una unità (impossibile?)

A pezzi poiché attratti da forze centrifughe (tutti a tirarci in lungo e in largo lontano dal nostro centro), multitasking e malati di zapping così come la società dei media che ci ha plasmato e corroso.

A pezzi perché la testa non corrisponde alle azioni del corpo (tra il dire e il fare c'è di mezzo il corpo!) e viceversa, poiché il corpo non sa proseguire il percorso avviato lassù in cima..

A pezzi poiché separati, mancanti di collaborazione, di sinergia, di armonia, tra le parti. (concerto e coreografia di membra de-connesse – troppe volte visto?)

A pezzi perché caduti rovinosamente dall'alto dei nostri sogni o dei nostri piedistalli.

A pezzi poiché incapaci di guardarci nella nostra totalità, da una certa distanza. Dal di dentro qualche dettaglio di quelli più fondamentali e preziosi resta sempre fuori.

A pezzi perché divisi, dis-uniti, mancanti di comunicazione/connessione tra le parti e il tutto, costruiti da segmenti diversi, mutilati nella volontà, dis-integrati nel (dal) corpo sociale e personale.

A pezzi perché diamo/riceviamo solo porzioni limitate, fette contingentate di noi. Un corpo da ripartire. Da far ripartire.

A pezzi perché, in via cieca di specializzazione, impariamo ad usare benissimo una parte di noi dimenticandoci o perdendo la funzionalità del resto.

A pezzi perché prima o poi, per disattenzione, per stanchezza o sfiancamento, per ineluttabilità autoimposta, si fa scivolare l'incantesimo, lo si fa cadere, lo si rompe così come lo si fa con la testa di una bambola.

A pezzi perché di quel che c'era all'inizio della vita o dello spettacolo alla fine restano solo i resti, i cocci.

A pezzi perché incapaci di costruirsi, dispersi come si è in una corrente ben poco edificabile, dotati come si è di un sottosuolo psico-fisico tutt'altro che edificante.

A pezzi perché dis-eguali nel farsi, incompiutezza di video e di corpo in scena, di documenti e oggetti, foto, diapositive, parole, musica, elettricità, luce e silenzio.

E soprattutto e ancora, per non finire, senza pezzi di ricambio. Non ricambiati.

Nessun commento: