venerdì 28 dicembre 2012

TRENTAQUATTRO


Il miglior numero civico degli ultimi anni ha traslocato per permettersi più decibel e corpi. Qui si soffoca di festa sottoterra tanto quanto a cielo aperto. Riflusso di in-conscenza spunteggiaturato. Ci si strattona forzatamente nel limbo del post-scontrino - dannati dell'abbeveraggio notturno – e il bancone è un lido lontano. Buon nasale mi augura il chitarrista che festeggia il decimo anniversari del suo post-it dal pedigrin. Poi lei forse la conoscevo ma senza nome o con qualcuno di troppo in mezzo per capirlo appieno. Veniva di ritorno da un'altra città e di certo un'altra vita s-passata ora sarebbe un segno d'imbarazzo il salutarci e poi basta nient'altro da poter dirci perché non ci ricordiamo chi siamo (stati) fino ad oggi e chi dicevamo d'essere quel tempo là. Oh, sussurrano da dentro, ma dove sono le donne dei bei tempismi andati?! Equipaggiati per il bel maltempo che fu, si sta accaldati e svestiti vista la primavera natalizia campi gialli in fiore e sedie sdraio su in terrazza. Sgomitando s'accostano le guance si tamponano i bicchieri non c'è tempo nemmeno per un resoconto poiché la folla spinge e ti porta via mentre tenti di fermar il passo. Pensa che svolta un ascensore orizzontale trasportatore di corpi schiaccia-ostacoli tapis roulant per criceti con barba tacchi e capelli. A lui vorrei parlar dell'album del video la promozione come si fa a far cantare gli specchi e farli piangere? A lei vorrei chieder come mai abbia scelto di stringerle la mano per un secondo in più. Chi adesso ha più capelli grigi alzi la mano, con lui chi pensa d'aver superato il limite di velocità del pensiero. Lo sguardo rapace di chi, abbandonato ogni legame istituzionalizzato, ora si butta nella mischia, cerca prede senz'annuncio. Chi chiude prima i conti con se stesso per poter esserci. Prospettive di gioia urlanti sull'uscio. Gli impacchettati d'abiti sono pregati di restar lontani dalla calca, dalla carica di nuove generazioni quelle che non si spogliano perché son già nude quelle che non si accaldano perché non si emozionano. Riccioli dispersi appena dopo l'abbraccio inaugurale. Volevo fargli gli auguri ma troppagente l'ha negato. Poi la banconista gioiosa con scaldacollo a stringer la chioma incolta fugge altrove d'un entusiasmo repentino e dimenticante della compagnia, mentre Fed adesso fa il baby-sitter fino al prossimo parto. Fai bei sogni si legge a occhi chiusi. Poi rincarare la dose solo di sbadigli. Un principio d'abbandono. Un luogo non vale un altro. Qui, nella comodità della rimpatriata, c'è anche il tempo di pensare a quel che scrivere e a tra-de-scriver quel che si è dis-pensato. Il campo di battaglia è il fortino della lingua, piena di aculei la sua corazza, pieno di buchi la sua maglia dissennata. Sono solo istantanee ribelli alla concatenazione significante. Istanti consegnati all'impossibile banco segni-pegni del tribunale alcolemico di fine anno. E ancora, se mi ricordo tutte queste cose forse non c'ero.  

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