mercoledì 9 febbraio 2011

Sovr-Impression


Parzialmente rasato così come affamato, così come stremato. Certamente dissennato. Cadavere squisito della mia (di)s-carica ragione. Fuggiti via quei balzi in piedi stracolmi d'entusiasmo, restano interminabili raffiche e il ricominciar canceroso. Furti d'autore e puzzle di vicende disorientanti. Di troppa lucidità s'annega. Trovare una configurazione adatta prima d'andare in avaria.


Pa(r)tire allora con un altro di questi resoconti poco oggettivi, d'un diluvio dolce e incantato inaugurato dal Cortazar manoscritto trovato in una tasca, incroci labirintici, speranze disperate della coincidenza co-incisione delle linee. Un incidente quello dell'incidere con il caso. I migliori appuntamenti sono quelli che non ci si dà. Vederla prendere la sua direzione e non poterla seguire.


Incrociare le braccia o gli sguardi. Le dita. Rotture e regole del gioco. Del giogo piuttosto. Di come cadere in trappola da soli e poi uscirne fuori insieme. Non facendo altro che cercarsi. Per perdersi meglio. Approfonditamente. A sprofondata mente. Non possiamo separarci così prima d'esserci incontrati. Scenderai da lassù quando vagheremo nel fondo del pozzo?


Il suo sorriso le aveva fatto male, voleva seguirla fino alla fine di questi giorni, di questa vita e oltre. Fino all'ultimo e altrove. Tra quegli spazi antonioniani rarefatti mistici desertici di Zabriskie Point, prima della celebre ipnotica deflagrazione finale, lì dove i corpi si amavano perché ultimi esemplari d'una faccenda ormai estinta, quella dello stringersi la mano senza pensare al futuro, quella dell'abbracciarsi al presente.


Le trasgressioni sono l'anima delle digressioni e viceversa, mentre risolutamente, liberatoriamente e con nonchalance, l'esserci e i discorsi a questi intorno rompono solo i coglioni.


Tra coincidenze di treni e di vite, di trascorsi, di percorsi, di intuizioni, di sventure, di ragguagli, di slanci, di rimpianti, di stenti di esaltazioni, di eclatanti meraviglie, di discese infernali e crolli verticali, di attrazioni, di fatiche, di corrispondenze, di pezzi, di constatazioni, di rilanci, di trasformazioni, menomazioni, crolli ancora, fraintendimenti e complimenti, appuntamenti e sparizioni. Competizioni partecipazioni incitamenti abbracci offerte aiuti prudenze gentilezze compagnie inizi indizi scoperte visioni parole simbiosi parabole percorsi. Con il traguardo altrove. Una coincidenza o l'uscita.


E in più cosmicomica guest star dai valori alterati, uova marce del presente trasfigurate in chiave fanta-trash. Per la messa in scena delle incongruenze lassative. Qualunque cosa va male, quindi tutto a posto.


In tempi di patologie latenti, delusioni cocenti, feedback latitanti, conoscenze approssimative e riconoscimenti postumi, cercasi levità di desiderio, ingenuità di vivere. Dismisura della parola. Perdere il filo del discorso. Scostarsi dalla linea maestra. Non potersi più dire ammaestrati. Andando troppo oltre o non ancora abbastanza. Non in linea, non in bilancia, non in equilibrio. Mancanti dell'inafferrabile. Insoddisfatti del presente. Transdisciplinari quanto indisciplinati.


Sovr-impressions. Gli strati che si accumulano, gli stati che si accomunano e si sedimentano. E trattenere sempre, trattenersi mai. Mai dire sempre, mai dire mai.


Manoscritto trovato in un anfratto di cuore della notte, scritto fibrillando, palpitazione una dopo l'altra. Per sognatori generosi, ammaccati e indomiti, di quelli con i piedi per aria, con la testa nella sabbia, con il cuore in gola, con i pugni in tasca, di quelli che preferiscono rassegnare le dimissioni da questa logica e da questa vita piuttosto che rassegnarsi, piuttosto che riassegnarsi.


Là ove ella mi scorse, Petrarca gioca in corner allo scadere. Calcia con eleganza e conduce lontano.


Di miraggi tramonti tuffi colazioni, di felini buffi, di scatti vitali, di smorfie e spiagge e iridi altrimenti colorati, di momenti magici e pozioni fragili, di banchine sorprese fermate scale

piani alti ventilatori.

Di tesi inutili e malintesi gentili. Di rapimenti odori onori gratitudine. Di mostre di coraggio e di lacrime.

Di corse a perdifiato voli mentali, spalle solidali, sonni tranquilli e prudenze di ritorno.

Di estemporaneità e tenerezze. Di improvvisazioni di improvvise luminose sensazioni.

Di tutto ciò che non ha parole.

Vasi comunicanti e piacevoli equivoci. Se non ora quando.


Combinazioni, riflessi. Accadimenti. Cadute. Ma cosa abbiamo combinato per non sfiorarci nemmeno più?


Tra scorte di scarti, scarti di scorie. Scorato dalla cerimonia martirologica del ri-ferirsi, eppur sollevato d'esserci in questo convoglio. Prima di salire qui in quale deserto mi trovavo?


Non c'è nessuno da queste parti. Dalle mie di parti si viaggia in formazione rimaneggiata. Con l'informazione manipolata. Ora comunico prima me se anche fosse possibile dirci qualcosa, così perturbati, agili a cadere, con l'horror vacui dello starsene con le mani in mano.


La pasta passa e il vino resta: Quartucci e Leo nel '65 facevano la fame, e non era uno spettacolo.


E ora salire in una delle pre-stazioni possibili. Poiché potrebbe non esser dato seguito.


4 commenti:

il7 ha detto...

(continua dal commento precedente)
Proprio perché sono ambiguo come personaggio fittizio, approfitto però di un guasto del centrifugatore-spia per ammonire chi può a diffidare di chi gira intorno alla crudeltà delle bubbole, perché l'umorismo è elusivo, ma chi deve capire capisce, e la chiacchiera vuota non è che l'anàlogon letterario e cialtrone delle lunghe giornate passate al confino in cervellotiche dinamiche di coppia dispiegate eroticamente e al tempo stesso anti-Zabriskiamente implose in silenzi irreali gravidi di inespressi da Paperoga! Sì, bisogna vigilare! A meno che, rileggendo questi sdilinquimenti ridicoli e rarefatti durante il reading delle proprie elucubrate cronache, l'essere ed il suo personaggio non si sconfessino da soli incappando in incertezze che increspino le superfici rugose delle loro trame bislacche lasciando intravedere il pastrocchio annacquato che vi soggiace, in cui ristagnano latte&menta e vecchi VHS bruciati. Questo può essere il durante, ma sono attimi, e già ci si sfracella l'ignoto del non saper che fare del dopo, sì, si rifrange sulla minima nettezza del conchiuso, del compiuto, negandone l'utilità comunque insolvente e rivelandone invece la provvisorietà infamante, spazzata subito sotto il tappeto per far posto ad impressions puntiniste d'una realtà ormai sfuggita al freak-flaneur-intruder, masticata a maggior diritto da altri che, venuti forse da un background alieno, come l'uomo Stracciamuffo, riusciranno probabilmente, con un maggior investimento di pernacchioni, a far gli eroi dei due mondi senza imbruttirsi con l'esistenzialismo dei poveri! "Ma de che, aòh??.."

il7 ha detto...

il7 e Marco Settembre sono in un reciproco rapporto di causa-effetto.

il7 - Marco Settembre

il7 ha detto...

2) Viceversa, in un Teatro sul teatro che giorno dopo giorno si autocertifica come tana sovversiva immersa nel frastagliato andirivieni d'una mondanità aliena ai riti periferici del rintanarsi nel catastrofismo marginale strisciante, ci si attendono onde citazioniste declamate con brulla sacralità, e spazi di meditazione, affrancati da certe contraddizioni. Ed invece anche lì non si sfugge all'intrigo: intricate logiche congiurano per creare angoli di risucchio sordidamente sovversivi rispetto alla sovversione, angoli in cui, forzosamente, si inseriscono parole inique, il dettato protervo di individui sovraccarichi di un ego teratomorfo che si fanno prestare la voce da ambigui spilungoni fintamente seriosi che presumibilmente, vista l'età, basano sul nonnismo il reclutamento barboso e immoraleggiante e sadicamente instupidito, dei ciechi seguaci da loro irregimentati quindici anni fa, nel chiuso di stanzette-caserma piene di fogli e carabattole, barasgniaghi e maraspoldi, tavolacci e polveriere, tennis-pongz e vecchi torroni. 

(continua)

il7 ha detto...

(Per qualche errore tecnico, quello che avrebbe dovuto essere il primo commento dei 3 non è stato visualizzato; lo ri-posto qui)

1) Prima, durante e dopo, sono dimensioni che si impasticciano laddove altri tizi so che si impasticcano, pur di mostrare la sfrontatezza di una sicumera capace di soggiogare pubblici proni. 
Molto tempo prima delle estenuate Met' e Sovr-impressions tardive per me, che ho percepito attraverso la mia rassegnazione, esautorato da me stesso, ebbene, molto tempo prima, un paio di ragazzetti discoli, una volta appreso l'uso di un overdubbing molto house perché fatto in casa, si erano confezionati un'intervista da soli dopo aver preso ginseng con la scusa della necessità di antibiotici, e alla domanda: "Quali sono le vostre esperienze extra-musicali fino a questo momento più significative?" avevano risposto a scatti: "Tutte o nessuna. Ognuno di noi, in passato, ha partecipato a differenti progetti, ma nessuno dei quali era davvero "musica", ma piuttosto il suono prolungato di un NO che si declina in diversi grugniti, tutti riversati su nastri della metà degli anni '80. Ognuno di noi, nel corso degli anni, è cresciuto. Ma molto male, e meno male. Tutte le nostre esperienze quindi hanno avuto significato oppure NO. Chi può dirlo?"
In altri termini, sembrava volessero dire: interessa al nostro pubblico? Sì? E allora non lo diciamo, perchè non devono sapere i cavoli nostri. No? E allora in questi dettagli senza importanza, andando per esclusione di noi stessi, si può intendere ciò che non ci è servito ma che ci ha disturbato, spingendoci con ciò ad insistere nell'esistenza per puro spirito di contraddizione.
 Nulla si capiva di queste ostinazioni, di questo piano inclinato che spingeva verso la chiusura, e si pensava a casi isolati, mentre la cronaca d'una vita rimbalzante non sapeva come svolgersi.
(continua)