martedì 30 dicembre 2008

Appagamento a pagamento


Appagamento a pagamento!!!


Bisogna pagare per essere felici!!!


Intossicati ed inaciditi dal protrarsi lungo delle celebrazioni, i condannati alle feste forzate arrancano ormai sfatti ed appesantiti.

Sui loro volti le occhiaie hanno preso il posto di quel luminoso sorrider degli occhi, durato non più d'un istante.

La brillantezza del poggiar il piede a terra, al momento dell'arrivo-ritorno in patria, si stempera presto davanti al ripetersi per inerzia di vicende già conosciute ed affrontate, e svanisce triste una volta compreso che quel che fu la tua residenza è ora solo luogo di passaggio nel quale trascorrere del tempo senza vera possibilità di costruirne dell'altro.



Non vorrei crear generar asfissia al respiro festivo, ma son desideroso di farlo.


Non vorrei costringere ad uno sforzo in eccesso, ma vorrei imporlo.


Non vorrei farmi indigesto, ma spinto da indigestione di buone intenzioni, vinto dalla tentazione d'urlare, annuncio ad alta voce e m'auguro che la risposta giunga irruenta e rapida in forma d'un prolisso necessario vomitar di parole:


Svendesi regali messaggi d'auguri di seconda mano, da distribuire collettivamente ed anonimamente, in barba alla presunta sincerità del momento, ad uso di quei tanti scomodi o incomodi incontri non ancora avvenuti eppure già risaputi.

mercoledì 24 dicembre 2008

Il viaggiatore è tenuto ad osservare (regole o persone?)


Ci si arrostisce il volto a metà nei pressi del finestrino battuto dal sole ruggente, poi si infila la gamba destra dentro il frigorifero disponibile all'interno dello scompartimento stesso, dove l'aria che fuoriesce dalle fessure s'alterna in-condizionata tra caldo e freddo; s'ascolta stupiti che dagli altoparlanti di bordo si ricordi il banale e si tralasci l'essenziale: è severamente vietato scendere dalla parte opposta a quella indicata, ma è impossibile sapere che una frana blocca la ferrovia nelle vicinanze di Mileto. Lo si apprende troppo tardi, nell'attender sospesi novelle da chi assiste i clienti parlottando al telefono con la mamma, la nonna o il capostazione.

Si gioisce nel vedere la grottesca vitalità risvegliata di passeggeri esigenti che, disturbati da valige e ritardi in eccesso, biglietti ed orgoglio alla mano, intimano vendetta a funzionari poco efficienti.

Si finisce sognanti e tramortiti a guardar verso il basso. Ammirare come un barboncino al guinzaglio possa esser più smarrito più paziente più educato dell'umano che si dimena furioso e vano, può esser rimedio e lenitivo all'infervorarsi per l'ordinario smottamento della nostra civiltà, per il continuo franare del futuro sotto i colpi di intemperie prodotte dalla nostra stessa atavica incuria.

Teso

Teso
poiché da te stesso
conteso.
Consapevole
d'aver invano
la luce
atteso
Ed inoltre
appreso
d'esser
in perenne
malinteso
ti dirai infine
disteso
e non più
arbitrariamente
dal mondo
offeso

martedì 23 dicembre 2008

Fatti diversi


Per una sovversione congenita al grande evento e per una zavattiniana fede nell'eccezionalità d'ogni minimo gesto, Sam continua a sorvegliare vigile su ogni piccola azione che lo interessai e lo attraversi.

Come a frugare tra le varie ed eventuali di una scaletta i cui punti salienti restano sempre materia astratta, si convince che è proprio attraverso la minuzia o il frammento che si riesce a far un passo avanti.

Oggi non è scivolato, diversamente come la sua mente aveva immaginato, in una di quelle foglie ingiallite e copiose che, ammirabili, facevano da tappeto organico in via Zabaglia. Una tra quelle che ornavano il marciapiede bagnato che, tra le mura d'una scuola chiassosa ed un parcometro sempre pronto a mangiar altri denari per mantener alto l'onore comunale, porta verso la Piramide.

Erano le 13 e pochi minuti d'un giorno di metà dicembre quando il fatto non accadde. Sam camminava a ritmo mediamente sostenuto, poggiando i suoi stivali con tacco rumoroso ed insieme i suoi sguardi meticolosi su quella superficie dalle premesse così generosamente viscide ed ostiche che, dei tanti possibili spiragli d'evento cui quella circostanza poteva dar il via, ha nondimeno lasciato filar tutto liscio, senza lo squilibrio o la sbavatura tanto attesa, perpetuando il perenne rincorrersi del niente succedente al niente

mercoledì 17 dicembre 2008

Collocamenti


Sam consulta il suo ufficio di disorientamento preferito, quello che ha sede instabile sopra il suo cuscino ed orario di ricevimento tra il tramonto della ragione ed il risveglio della stessa.
Gli si offrono delle nuove inedite professioni, il cui valore esistenziale non è da tralasciare.

L'impiego di chi lavora come scaricatore di pesi e responsabilità al porto al quale attraccano le sue stesse inquietudini gli pare il più accattivante. I suddetti turbamenti vanno a riempire dei conteiner dalle rigide pareti, fatti trasferire su convogli in cui altri individui si prendono l'onere di farsene custodi ed insieme carcerieri, e poi fatti partire mal celando un gran sospiro di sollievo.

Altro fascino ha chi s'installa nei pressi d'una porta e può far del suo sguardo attento uno strumento produttivo.
Ma chi fanno uscire gli uscieri? In uno slancio volitivo Sam confessa che gli piacerebbe farsi usciere del pensiero, in modo da poter visionare con attenzione tutto ciò che giornalmente fugge via dal suo cervello (e quello che ne prende il posto).
É tale organo come grande albergo, dove c'è chi sosta per lungo tempo, chi è in partenza, chi in arrivo. Chi chiede il permesso e chi invece fa irruzione con la forza. Chi viene pagato e chi invece paga pegno per aver soggiornato in luoghi tanto esclusivi.

Ma a ragion veduta all'ufficio si consiglia a Sam d'aver per committente solo sé stesso. Quando è l'Io a manovrarne le azioni, gli impone quasi di non (r)aggiungere più altro, d'accomodarsi ed accontentarsi d'essere, quietando quel suo voler sommare un altro granello a quelli che presume d'aver già intascato nella controversa storia del genere umano.

"Rimani a guardare, poiché questo basta, poiché è più saggio e sicuro. Che tu sei comodo, sei messo bene, e non hai bisogno d'altro!"

sabato 13 dicembre 2008

Lotte intestine

Al bar chiedo un cono con turista da leccare. Di quelle con pelle fresca ed accattivante, mi raccomando!

Quelle dall'urlo facile, quelle che s'abbigliano con vesti striminzite e recitano ingenuo stupore al meglio del loro non-essere.

Poi avanzo, e mi chiedo a che ora dovrei staccare la spina della ragione. L'avrò fatto troppo presto quest'oggi?

Mancava ancora qualche osservazione critica, qualche puntigliosa presa di posizione, un nuovo passo da compiere tra i rottami dell'informazione prima di lasciar spazio alle intemperie dell'immaginazione?

No, forse era già il momento di metter la testa dove voi non mettereste mai nemmeno un piede.

Tra le vie oscure del surreale, dove ci si giova nell'inciampare, nel confondere e mescolare.

È lì che mi arrischio a prender contatto con il mio pensiero, è l' che ne indago il portamento. Contratto con lui la buona riuscita della serata, ma il suo porsi irrispettoso fa presagire che sarà ancora il caso di fare a botte, e spegnere a forza di pugni e calci i suoi istinti reazionari.

Per stasera mi trattengo tuttavia, riesco a ascender a patti e tenerlo a bada, offrendogli un po' di riposo. Faccio in modo che si calmi, che non segua altri eventi, che riesca a ri-pensare un po' tutto il visto nel corso della settimana senza la stolida eccitazione che gli fa rincorrere, ansimante ed ormai sfinito, altro ed altro ancora.


mercoledì 10 dicembre 2008

Delitti


Misterioso delitto per causa di incombente delirio da noia. Viene meno d'improvviso il piacere del viaggio, e sulle sue inanimate spoglie son già in tanti a piangere.

Sam se ne addolora più degli altri, sostando ancora controvoglia in posto non prenotato, occupato per caso benevolente e per educato tempismo.

Perso il senno in seguito al sopraggiungere dell'ora quarta di percorrenza, inizia a maltrattar unghie pelle carte ed abiti. Una volta che la pazienza è evaporata, le poche parole vergini con le quali avrebbe voluto condividere il cammino se la sono data a gambe levate. Le si vede lontane ed inafferrabili, impaurite dall'uso violento del quale avrebbero presto sofferto.

Privati dei propri interessi, ci si nutre del discorso d'altri, se ne subiscono le intemperie, ci si trasloca con grande sforzo tra le stanze vuote nelle quali ci si vorrebbe cullare in silenzio.
Tuttavia il sovraffollamento d' anime persiste, e coincide con lo sfoltimento rapido delle idee dalle teste di Sam viaggiante.

Un'ipotesi che rasenta il gesto estremo prende corpo con il susseguirsi animato dei disturbi: scender di fretta, farlo per vie non consuete, gettarsi come oggetto umano al di là del finestrino, inoltrarsi là dove un po' di spazio dovrebbe ancora esserci.

Concentrarsi, chiuder le palpebre, spegner il pensiero, tuffarsi nell'aria.

martedì 2 dicembre 2008

Mal fermo


Dall'irrequietezza che si patisce nello star di fronte ad un libro Sam apprende di come lo zapping si sia fatto parte integrante dei meccanismi vitali di chi è nato con un telecomando tra le mani.

Di chi ha incorporato suo malgrado il procedere a salti del consumo sensoriale già post-moderno, ed ora, in tempi di studio, non sa come fare a canalizzare la sua attenzione su una ed una sola fonte.

Il dislocarsi di cui soffre è forse primariamente di carattere mentale, ma non di meno, quel che si nota di primo acchitto, è una traslazione del problema sul piano motorio. Delle diverse posizioni che va esperendo tra le mura di casa, non ce ne è una che non lo faccia sentire come un leone in gabbia nel giorno in cui più gli sarebbe piaciuto correr nei campi e raggiunger la sua preda a grandi balzi.

S'arrovella e tenta di capire più a fondo come lo star seduto sia attitudine assolutamente non consustanziale con il suo equilibrio psico-fisico. Mai domo, neanche nella speranza che la sua ricerca lo possa portare alla situazione ideale, Sam prova a collocare il suo corpo in un gran numero di pose e posture diverse.

Lo si può osservare in piedi con le pagine tra le mani, steso sul letto, prima prono poi supino, di nuovo precariamente sui suoi piedi, a ginocchia piegate con il libro al margine del tavolo, poi ancora, già in parte avvilito dal suo stato, sul pavimento freddo, infine comodamente a testa in giù in attesa che, stando sottosopra, anche la sua irrequietezza possa trasformarsi in stasi imperitura.

Come l'esiliato dalla propria patria, ma senza che di tale luogo egli sappia tracciarne i confini, Sam trasloca insoddisfatto da una stanza all'altra, in cerca della migliore luminosità, del metro quadrato che meno lo faccia distrarre, del muro più bianco possibile, dell'orientamento spaziale più adatto all'apprendimento.

Medita, sedizioso ed interessato, sull'orlo del paradosso, riguardo al suo impegnarsi fallace. Polemizza con la vulgata del fare una cosa alla volta. Sarà che per lui l'impegnarsi in una sola occupazione si traduce con l'essere ammanettato? Sarà che il rimanere nello stesso luogo diventi metafora dello stare recluso nell'identico e nel già visto?

Diagnostica con il sorriso sulle labbra che l'insofferenza allo star fermo ha origini antiche. Scavando a fondo ritrova esempi di scompostezza acuta in tempi d'infanzia. Sarà che da quella fase d'iperattività priva di scopo necessario, tanto vitale fino a trasformarsi nell'oro della nostalgia, non abbia ancora lasciato spazio ai compromessi dell'immobilismo adulto?

Sarà che da quello stadio di formidabile turbolenza nessuno sia riuscito ancora ad allontanarlo?